La malattia da reflusso gastroesofageo e Ernia iatale, spesso abbreviata come MRGE (in inglese GERD, Gastro-Esophageal Reflux Disease o GORD, Gastro-Oesophageal Reflux disease), è una malattia di interesse gastroenterologico che viene causata dal reflusso nell’esofago del contenuto dello stomaco.

Eziologia

L’acido cloridrico e la bile che vengono a contatto in questo modo con la mucosa dell’esofago ne provocano l’infiammazione con la conseguente insorgenza di dolori cronici. Anche se occasionali piccoli reflussi sono considerati fisiologici, in alcuni casi la frequenza e l’intensità dei reflussi può assumere valenza patologica. Col tempo l’infiammazione può evolvere in danni al tessuto dell’esofago, sotto forma di erosioni e piccole ulcere, e si parla quindi di esofagite.

Il meccanismo in grado di determinare reflusso patologico può essere legato a 3 condizioni che possono coesistere:

1) rilasciamenti transitori inappropriati del SEI;
2) incrementi momentanei della pressione addominale che supera quella del SEI;
3) il passaggio di acido attraverso una zona del SEI a bassa pressione.

I rilasciamenti inappropriati del SEI possono essere indotti da:

1) l’ernia iatale: l’erniazione dello stomaco attraverso il diaframma, dalla sua normale sede, l’addome, al torace che provoca un’attività anomala dei fasci muscolari dei pilastri diaframmatici;
2) alcune malattie:

   a. malattie endocrino-metaboliche: diabete mellito,  ipotiroidismo 

   b. collagenopatie: sclerodermia, dermatomiosite 

   c. neuropatie viscerali: pseudoostruzione intestinale cronica 

   d. neuropatie sistemiche: morbo di Parkinson 

   e. malattie dell’apparato respiratorio: asma bronchiale 

   f. stati ipersecretivi: ulcera duodenale, sindrome di Zollinger-Ellison 

3) fumo di sigaretta;
4) alcuni farmaci che riducono la pressione del SEI: aminofillina, i nitrati, dopamina,   calcio-antagonisti, steroidi surrenalici, benzodiazepine, antidepressivi triciclici
5) cibi che aumentano l’acidità gastrica :cioccolato, agrumi, pomodoro , latte , caffè, caffeina
6)cibi che rilassano le muscolatura liscia: menta, spezie , cipolla , aglio, alcool, caffè, tè, bibite gasate.
7)prolungato ristagno del bolo nello stomaco, per via di discinesie (disturbi motori) che rallentano il normale svuotamento dello stesso;
8)assunzione di pasti troppo abbondanti;
9)condizioni che determinano un aumento della pressione gastrica, come l’obesità e la gravidanza.

Sintomatologia

Negli adulti, il sintomo tipico è la pirosi, i risultati del progetto GERD condotto da 2800 medici di Medicina generale italiani, hanno evidenziato che, mediamente, ogni anno circa 1.5-2 milioni di persone si rivolgono al loro curante lamentando pirosi, rigurgito o entrambi.

Viene considerata atipica, ma non è infrequente, la comparsa di dolori restrosternali che possono erroneamente far pensare a un problema di origine cardiovascolare. Nei bambini e negli adulti, la MRGE può essere causa di asma bronchiale.

Altri sintomi extra-intestinali defini da reflusso faringo-laringeo possono essere:

Ipersecrezione catarrale (aumentata produzione di muco, ben visibile sul piano glottico), tosse stizzosa o cronica, asma o difficoltà respiratoria, sensazione di nodo in gola (bolo ipofaringeo), Emoftoe (sputare sangue tipico di stati tubercolari), raucedine, disfonia, dolore retrosternale irradiato al mento, alla mandibola, alle braccia e tra scapole, apnee notturne, faringite (con o senza mal di gola), laringite posteriore (edema e rossore), granulomi sulle corde vocali, prollasso dei tessuti molli (velopendulo), patina bianca sulla tonsilla linguare, alitosi e raclage (sensazione di dover raschiare continuamente la gola per un forte presenza di muco che in realtà si rivela essere scarso e di difficile estrazione), vellicchio faringeo, disfagia orofaringea ed odinofagia.

Nei casi più gravi, il danno tissutale a livello esofageo evolve verso forme di metaplasia dell’epitelio cellulare interno, provocando la condizione detta di Epitelio di Barrett (o Esofago di Barrett), che è a sua volta considerato un possibile fattore facilitante dello sviluppo di carcinomi esofagei.

Diagnosi

Il razionale per un approccio diagnostico che non prevede inizialmente indagini strumentali nasce da alcune considerazioni:

1) la maggior parte dei soggetti con MRGE hanno sintomi solo occasionali.
2) il rilievo anamnestico di sintomi tipici (pirosi, rigurgito) ha una elevata specificità per la diagnosi di MRGE quando rapportato alla Ph-metria esofagea come gold standard diagnostico.
3) l’endoscopia mostra una scarsa sensibilità diagnostica riscontrando danno della
mucosa (esofagite) in meno del 50% dei soggetti con MRGE.
4) Pazienti con pirosi retrosternale e/o rigurgito presentano un miglioramento dei
sintomi significativo e rapido al trattamento con inibitori di pompa protonica (IPP).

Gli strumenti diagnostici in corso di MRGE sono rappresentati da:

Storia clinica: pazienti con sintomi tipici inquadrabili come MRGE di grado
“lieve” (-ricorrenza dei sintomi meno di 3 volte la settimana; -sintomi presenti da
meno di 6 mesi; -sintomi che non interferiscono con le normali attività quotidiane; –
intensità dei sintomi definibile di grado 1-3 in una scala analogica da 1 a 10), non
necessitano di diagnosi strumentale e possono essere avviati al primo step terapeutico.
Pazienti con comparsa di primo episodio di MRGE dopo i 50 anni o con presenza ab inizio di sintomi di allarme (odinofagia, disfagia, anemia, sanguinamento gastroenterico, iporessia, sazietà precoce, calo ponderale) devono essere sottoposti ad endoscopia prima di iniziare la terapia. E’ dibattuto se sottoporre ad endoscopia prima della terapia i pazienti con MRGE severa (- ricorrenza giornaliera dei sintomi; -sintomi presenti da più di 6 mesi; -sintomi che regolarmente interferiscono con le normali attività quotidiane; -intensità dei sintomi definibile di grado 7-10 in una scala analogica da 1 a 10). 
IPP test: si intende la riduzione dei sintomi (valutati su scala analogica) dopo breve periodo di terapia con inibitori di pompa protonica (IPP). Questa semplice valutazione ha valore diagnostico in pazienti con sintomi tipici e senza segni di allarme (Grado A). Una recente meta-analisi di 15 studi conclude che un “IPP test” positivo non stabilisce con sufficiente sicurezza la diagnosi di MRGE quando questa è definita da standard di riferimento accettati (Grado B).

Endoscopia: la sensibilità diagnostica dell’endoscopia nella MRGE è complessivamente scarsa (oltre il 50% di negatività) (Grado B). Pertanto in più della metà dei pazienti con MRGE non vi è alcuna lesione all’endoscopia (condizione definita ENRD: “endoscopy negative reflux disease”). Al contrario la sensibilità è elevata nell’identificare esofagite erosiva (stadiata in differenti gradi di severità secondo la classificazione di Los Angeles), ulcere, stenosi, esofago di Barrett e cancro.

pH-metria delle 24 ore: rappresenta il gold standard diagnostico della condizione di reflusso gastroesofageo ma, in considerazione di quanto esposto ai punti 2 e 4, all’indaginosità della tecnica e alla scarsa disponibilità nella pratica clinica, è riservata a casi selezionati. Oggi sono disponibili pH-metri “wireless” meglio tollerati dal paziente.

Manometria esofagea: impiegata per la valutazione della peristalsi esofagea e della funzionalità del LES in casi selezionati. 

La impedenziometria multicanale intraluminale (IMI): recentemente è stata proposta come  nuova tecnica,  in grado di registrare il transito del bolo esofageo ed i reflussi anche non acidi. Tale tecnica può essere associata alla Ph-metria (IMI-pH) o manometria (IMI-EM) fornendo informazioni più dettagliate sulla funzionalità esofagea. Ulteriori studi sono necessari per identificare l’effettivo futuro spazio diagnostico di questa tecnica. Ulteriori tecniche diagnostiche quali l’Rx esofago con bario, il test di Bernstein e la scintigrafia esofagea hanno indicazioni molto limitate.

Terapia 

La terapia della MRGE è solitamente basata su alcune norme igienico-dietetiche di base, e sull’assunzione (per periodi più o meno prolungati) di farmaci appartenenti alle classi degli inibitori di pompa protonica/IPP (che inibiscono notevolmente la produzione acida nello stomaco), degli anti-H2 (in gran parte però soppiantati dai più moderni e potenti IPP), degli antiacidi, degli alginati e dei procinetici.

Per quanto riguarda la terapia, il primo passo riguarda una modificazione della dieta e dello stile di vita: vanno infatti evitati i cibi grassi, così come l’alcool, la cioccolata, gli agrumi, il pomodoro; inoltre si consigliano al paziente pasti piccoli e frequenti, e va evitato di coricarsi nelle prime 2-3 ore dopo i pasti. È utile anche la cessazione del fumo. Attraverso la dieta si vanno a ridurre le complicanze del reflusso legate alla mobilità esofagea, attraverso la riduzione del bolo alimentare e l’esclusione dei cibi irritanti.

Il secondo passo è la terapia farmacologica, e solo in casi selezionati si interviene chirurgicamente. Il diffondersi della chirurgia laparoscopica ha parzialmente cambiato l’atteggiamento e le indicazioni della chirurgia del reflusso. Questa, in precedenza, era indicata solo nei casi con coesistente ernia iatale di cospicue dimensioni. Attualmente, alcune linee guida propongono il trattamento chirurgico laparoscopico anche per i pazienti che rispondono discretamente alla terapia medica, ma che abbiano severe recidive dopo la sospensione della stessa, o che siano giovani e non vogliano sottoporsi ad una terapia medica continuativa; ulteriori indicazioni al trattamento chirurgico sono anche l’esofago di Barret ed il reflusso alcalino.

Analogamente, i pazienti con sintomatologia extradigestiva come tosse od asma cronica, ed episodi broncopneumonici ricorrenti, sono candidati per i quali viene valutata l’opzione del trattamento chirurgico. La complicanza principale della chirurgia laparoscopica del reflusso è la possibile disfagia postoperatoria, che attualmente, con una corretta applicazione di alcuni espedienti tecnici, è ridotta e solitamente transitoria.

La scelta della terapia chirurgica deve comunque essere attentamente valutata, e preceduta da una completa valutazione anatomopatologica e fisiopatologica di stomaco e esofago (gastroscopia, ph-metria esofagea, oppure nel caso di reflusso faringo laringeo è meglio parlare di ph metria multicanale intraluminale con impedenziometria o manometria esofagea).

La terapia chirurgica consiste nella creazione di una neo-valvola attraverso la plicatura del fondo dello stomaco (funduplicatio); la plastica produce un aumento della lunghezza intraddominale del SEI e calibra la giunzione esofago-gastrica riducendone la possibilità di apertura in accordo con la legge di Laplace.

La chirurgia antireflusso, eseguita da un chirurgo esperto, può essere una valida opzione per la terapia di mantenimento di un paziente con una malattia da reflusso ben documentata. (Grado B) (Update guidelines of the American College of Gastroenterology for the diagnosis and treatment of gastroesofageal reflux disease.

Am J Gastroenterol 2005; 100:190-200).

I pazienti da candidare alla chirurgia devono essere attentamente selezionati: deve essere documentato il reflusso acido, un’anomalia della barriera antireflusso e la normalità della motilità esofagea.

Possibili indicazioni alla terapia chirurgica sono:

  • refrattarietà al trattamento medico,
  • necessità di aumentare il dosaggio dei farmaci,
  • scelta del paziente in favore dell’intervento (stile di vita, costo terapia, età),
  • complicanze ripetute della malattia quali esofagite (grado C e D) non
  • responsive alla terapia medica
  • stenosi esofagea