Con il termine cancro del colon-retto (CRC) si fa riferimento ad un insieme di tumori che si localizzano nel colon, nel retto e nell’appendice. Con 655.000 morti nel mondo per anno, è la terza più comune forma di cancro
Il cancro al colon occupa il secondo posto per mortalità tumorale nell’uomo e il terzo nella donna. È più frequente in nord-America, Europa occidentale e Nuova Zelanda. In Italia si osservano 40 nuovi casi ogni 100.000 abitanti, di cui la maggior incidenza si colloca tra la quinta e la settima decade.
L’80% dei casi di CRC è rappresentato dalle forme sporadiche (non connesse con mutazioni geneticamente acquisite). Mentre il cancro del colon colpisce indifferentemente entrambi i sessi, per il cancro del retto si ha un rapporto maschi:femmine di circa 2:1. Nelle ultime 2 decadi si è assistito ad un progressivo aumento dell’insorgenza di CRC; tuttavia, grazie alla diagnosi precoce e all’evoluzione delle terapie, la sopravvivenza a 5 anni è notevolmente aumentata.
Le sedi maggiormente colpite sono li retto (39%) e il sigma (25%), senza però risparmiare nessun distretto colo-rettale.
Fattori e condizioni di rischio
- Età: l’incidenza di CRC aumenta con l’età del soggetto. Raramente colpisce soggetti con età inferiore ai 50 anni. Casi di CRC in giovani adulti sono associati a condizioni di predisposizione familiare (vedi oltre).
- Presenza di polipi del colon. Questa affermazione trova conforto dalle seguenti evidenze:
- Nei polipi isolati possono essere presenti aree di accertata malignità. Viceverse, nelle lesioni localizzate del carcinoma del colon-retto sono spesso presenti aree adenomatose riconducibili a precedenti formazioni polipoidi.
- La sede di insorgenza dei polipi è sovente sede di insorgenza di CRC.
- I soggetti con polipi hanno maggiore probabilità di sviluppare CRC rispetto ai soggetti sani.
- Maggiori sono i polipi diagnosticati nel soggetto, maggiore è la probabilità di sviluppare CRC.
- La polipectomia riduce l’insorgenza di CRC.
- Durante interventi di chirurgia per CRC si riscontrano spesso adenomi multipli e sincroni.
Familiarità
- Presenza di parenti di 1° e 2° grado con poliposi adenomatosa familiare (FAP), aumenta il rischio di contrarre CRC.
- Presenza di parenti di 1° e 2° grado con cancro colorettale ereditario non poliposico (HPNCC), aumenta il rischio di contrarre CRC.
- Fumo. I soggetti fumatori hanno una maggiore probabilità di morire per esiti di CRC rispetto ai soggetti non fumatore. Uno studio della American Cancer Society riporta che “donne fumatrici hanno una maggiore probabilità (40%) di morire per CRC rispetto alle donne non fumatrici. Analogamente, uomini fumatori hanno una maggiore probabilità (30%) di morire per CRC rispetto a uomini non fumatori”[8].
- Dieta. L’alto contenuto di grassi e proteine nel regime alimentare aumenta l’insorgenza di CRC, in relazione al potere cancerogeno dei cataboliti proteici e del colesterolo. Altri studi confermano l’importanza del consumo di fibre e frutta come fattore di protezione. In particolare, le vitamine e gli antiossidanti della frutta, come la vitamina C, sono in grado di proteggere le cellule coliche dallo stress ossidativo.
- Fattori ambientali. Soggetti residenti in aree industrializzate hanno un rischio maggiore per lo sviluppo di CRC.
- Presenza di processi infiammatori cronici dell’intestino, come il morbo di Crohn e la rettocolite ulcerosa. Circa l’1% dei pazienti con CRC ha una storia clinica di rettocolite ulcerosa. Il rischio di sviluppare CRC è direttamente connesso con la gravità del danno della mucosa intestinale e con l’estensione del processo infiammatorio. Il rischio di sviluppare CRC nei soggetti con il morbo di Crohn è minore rispetto ai soggetti con rettocolite ulcerosa.
- Ormoni. Le differenze in merito all’incidenza e all’età di insorgenza tra maschi e femmine possono essere attribuite al diverso pattern ormonale tra i due sessi; in particolare, l’accento è stato posto sugli estrogeni. La presenza di dati contrastanti, rende questi studi ancora poco affidabili. Infatti, è stato riportato un aumento dell’insorgenza di CRC in donne sottoposte a terapia sostitutiva per gli estrogeni (tamoxifene), risultato in contrasto con l’ipotetico ruolo protettivo degli ormoni femminili.
Clinica
I siti maggiormente colpiti da CRC sono rispettivamente il retto e il colon sigma. Inizialmente, i sintomi possono essere sfumati e vaghi; può invece comparire precocemente l’anemia sideropenica, dovuta al sanguinamento cronico.
Le localizzazioni a destra, portano alla perdita occulta di sangue a stillicidio, con astenia e calo ponderale; le localizzazioni a sinistra possono invece manifestarsi con sanguinamento visibile che raramente porta verso anemia.
In questo caso, il cilindro fecale può presentarsi verniciato di sangue, elemento che pone problematiche in diagnosi differenziale con il sanguinamento da emorroidi.
Analogamente, le alterazioni dell’alvo sono relative alla localizzazione del CRC; infatti, mentre per le localizzazioni a destra l’alvo tende ad essere tendenzialmente diarroico (deficit di assorbimento), nelle localizzazioni a sinistra si ha spesso stipsi.
La stipsi può essere conseguenza sia di una ostruzione meccanica, sia del danno alle strutture nervose dovuto all’infiltrazione del tumore.
Nelle forme localizzate al retto può esserci tenesmo e restringimento del calibro delle feci.
Va sempre tenuto in considerazione che il dolore è un sintomo tardivo che testimonia l’invasione dei plessi nervosi da parte del tumore.
La propagazione infiltrativa per contiguità può portare all’alterazione morfologica e funzionale di organi vicinori, quali la vescica, la vagina, la prostata, le vescicole seminali, l’intestino tenue e lo stomaco.
Sintomi sistemici, possono essere febbre, palpitazioni, pallore, cachessia ed astenia
Terapia
La chirurgia rappresenta il primo e più importante presidio terapeutico, con rimozione dei tessuti interessati con ampi margini di sezione ; inoltre, si deve provvedere ad asportare il maggior numero possibile di vie di drenaggio linfatico.
L’approccio laparoascopico tecnicamente, è ormai considerato equivalente da un punto di vista oncologico, all’intervento tradizionale laparotomico offrendo però al paziente tutti i vantaggi del trattamento mini-invasivo.
Negli ultimi tempi il concetto di mini-invasività si è esteso oltre al puro fatto tecnico anche alla gestione in toto del paziente.
Infatti dalla nostra esperienza e dai recenti dati della letteratura riteniamo che il digiuno pre operatorio associato alla preparazione intestinale, che erano i capisaldi della chirurgia tradizionale, possano determinare un significativo fattore di rischo aggiunto di complicanze post-operatorie.